Unità nella diversità, vicinanza, ascolto, attenzione ai giovani e alle famiglie ferite. Sono alcuni dei doni del cammino sinodale, condivisi dai coordinatori durante l’incontro del 15 maggio presso il Centro pastorale diocesano. Riunitisi in tavoli sinodali hanno raccontato i frutti della fase profetica nelle loro comunità e hanno scritto su un foglio a forma di piede, simbolo del cammino, i doni e i passi per continuare a camminare insieme. Ogni piede è stato posizionato su una strada disegnata su un cartellone, per rappresentare anche visivamente il cammino che la Chiesa diocesana sta compiendo.
È stato quindi un tempo dedicato alla narrazione, alla condivisione, al confronto, un momento di vero scambio di “doni” che ha arricchito tutti. C’è chi ha sottolineato che ha imparato «ad ascoltare e a lavorare insieme. La collaborazione ci sta facendo conoscere la bellezza di essere famiglia diocesana e di annunciare il Vangelo. Abbiamo capito che bisogna imparare a rinunciare a qualcosa di noi e rallentare il passo per poter camminare insieme». E ancora: «Condividere l’esperienza è una ricchezza che rinnova la speranza in noi e nella comunità». Tra i doni, anche la ricostituzione dei consigli pastorali parrocchiali e dei consigli per gli affari economici, l’accoglienza delle famiglie ferite, ma soprattutto ognuno sta imparando lo stile del cammino sinodale, fatto di comunione, partecipazione e missione, come ha ricordato l’Arcivescovo all’inizio dell’incontro. «La comunione nasce camminando uniti – ha detto Mons. Angelo Spina – e questo cammino ci sta aiutando a fare un cambiamento di mentalità. Sarebbe bello se il 25 ottobre vivessimo insieme a Roma il Giubileo delle equipe sinodali».
Durante la serata, Adriana Bramucci, membro dell’equipe sinodale diocesana, ha anche condiviso una rilettura dei progetti inviati dai coordinatori. In questo quarto anno del cammino sinodale le comunità sono state infatti chiamate a elaborare progetti concreti. Adriana ha spiegato che «in tutti i progetti presentati si registra l’impegno a superare la logica delle iniziative rispondenti al “si è sempre fatto così” a favore di una progettualità condivisa, frutto di un rinnovato ascolto e di discernimento. Il passo in più possiamo identificarlo nella volontà, nel reale impegno a pensare insieme, a condividere idee e progetti, ad ascoltare insieme le persone, ad affrontare insieme le problematiche esistenti, lasciandosi interrogare dalla realtà, ampliando la cerchia degli “addetti ai lavori, per far maturare uno stile di prossimità, di collaborazione sempre più marcato, per superare la pregressa e ancora permanente demarcazione tra chi è fuori, chi è dentro, chi è sulla soglia. Dall’analisi dei contributi inviati si evince che il percorso sinodale ha dato spinta e forma a un processo pastorale innovativo in diversi contesti parrocchiali, favorendo la pratica dell’interparrocchialità, dei consigli pastorali congiunti a favore di una rinnovata dimensione di Chiesa e di popolo di Dio, che impara sempre più a camminare insieme con maggiore consapevolezza, sostenuto da una visione integrata».
Inoltre sono state condivise alcune criticità dei progetti: «In diversi progetti vengono a mancare gli obiettivi effettivamente verificabili, le tappe di sviluppo del progetto, l’estroflessione, ovvero le modalità attraverso le quali comunicare alla comunità il progetto per renderla partecipe, protagonista del processo, e non solo destinataria passiva o semplice fruitrice. Per esempio “rinnovata attenzione ai giovani” risulta essere un obiettivo piuttosto generico e poco definito, talmente indefinito da correre il rischio di non trovare attuazione. Molti contributi inviati risultano quindi a volte incompleti: necessitano di una maggiore definizione di chi saranno gli operatori effettivi che si occuperanno in prima persona del progetto, della scansione temporale, dell’investimento di risorse umane, quanto di quelle economiche, dei tempi di realizzazione, della verifica, come delle attese, del metodo adottato e soprattutto della visione evangelica che li sottiene».
Lucia Panzini, referente diocesana del cammino sinodale, insieme a Daniele Sandroni, ha poi ricordato il cammino compiuto fino ad oggi e ha raccontato ciò che è emerso dalla seconda Assemblea nazionale del Cammino sinodale delle Chiese d’Italia (31 marzo-3 aprile 2025), a cui ha partecipato insieme a Mons. Angelo Spina, Daniele Sandroni e ad altri due membri dell’equipe Tiziana Nicastro e Paolo Pizzichini. Per quanto riguarda il Sinodo universale, la Panzini ha spiegato che «la seconda sessione del Sinodo universale (ottobre 2024) si è conclusa con un documento che è diventato Magistero per tutta la Chiesa. Il Papa, a conclusione di ogni sinodo, era solito restituire alla Chiesa una dichiarazione post-sinodale. In occasione della conclusione del Sinodo universale Papa Francesco ha invece scelto di conferire la dignità di dichiarazione magisteriale al documento che è il frutto delle sintesi nazionali e continentali del Sinodo universale dei tavoli sinodali di ottobre».
Per quanto riguarda la seconda Assemblea nazionale del Cammino sinodale delle Chiese d’Italia (31 marzo-3 aprile 2025), la referente diocesana ha spiegato che «in questa Assemblea si è preso atto che il genere letterario delle proposizioni non era sufficiente per esprimere tutto il lavoro fatto nei quattro anni di cammino sinodale. Le sintesi regionali che abbiamo restituito entro l’8 marzo erano di una ricchezza incredibile, impossibile da ridurre nelle 50 proposizioni da votare dal 31 marzo. Questo il motivo del rinvio dell’Assemblea a ottobre. La Chiesa italiana, autenticamente in ascolto dello Spirito, ha dovuto dire: quello che è in ballo è talmente tanto, che vale la pena fermarsi e approfondire, in modo che i nuovi orientamenti corrispondano veramente a quanto suscitato dallo Spirito Santo in questi quattro anni. Nel frattempo al Comitato verrà consegnato il lavoro delle regioni e dei gruppi dell’Assemblea di aprile». A livello diocesano, «dovremo pensare come restituire alla comunità diocesana tutto quello che sta bollendo in pentola. Questa sera abbiamo vissuto una prima condivisione, ora dobbiamo coinvolgere tutta la comunità diocesana».
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